Decurione romano, (presente sul Golgota)
Il Decurione romano potrebbe essere identificato con Cornelio, il centurione citato negli Atti degli Apostoli[1], tradizionalmente considerato il primo pagano convertito al cristianesimo.
Secondo “L'Evangelo come mi è stato rivelato” di Maria Valtorta, è lui il decurione romano (e non il centurione Longino) a proclamare, ai piedi della Croce, le parole:
«Costui, che voi avete crocifisso, era realmente il Figlio di Dio!». (EMV 609.30)
L’episodio è riportato anche nel Vangelo di Marco[2]:
Il centurione, che si trovava di fronte a lui, avendolo visto spirare in quel modo, disse: "Davvero quest'uomo era Figlio di Dio!". (Marco 15,39)
e nel Vangelo di Matteo[3]:
Il centurione, e quelli che con lui facevano la guardia a Gesù, alla vista del terremoto e di quello che succedeva, furono presi da grande timore e dicevano: "Davvero costui era Figlio di Dio!". (Matteo 27,54)
Egli incontra Gesù a Beteron, nel periodo indicato come Terzo anno della Vita pubblica[4], quando uno dei suoi soldati, Camillo, si rompe una gamba. Impossibilitato a proseguire nella marcia e respinto dalla popolazione del paese che rifiuta di soccorrerlo e ospitarlo perché pagano, Camillo giace a terra in preda al dolore mentre il suo drappello è costretto a fermarsi. Il decurione romano al comando, ricordando le precedenti guarigioni miracolose operate da Gesù di Nazaret a beneficio di altri romani, corre giù per la discesa a chiedere l'intervento del Nazareno, che aveva appena superato sulla stessa via in salita verso Beteron, accompagnato dai suoi Apostoli:
Si ferma davanti a Gesù. «Salve! Tu sei il Nazareno?».
«Lo sono. Che vuoi da Me?».
I seguaci di Gesù accorrono credendo chissà che…
«Un giorno un nostro cavallo colpì un fanciullo ebreo e Tu lo guaristi[5] per impedire che gli ebrei schiamazzassero contro di noi. Ora le pietre ebree hanno fatto cadere un soldato ed egli giace con la gamba rotta. Non posso fermarmi. Sono di servizio. Nessuno in paese lo vuole. Camminare non può. Non posso trascinarmelo dietro con la gamba rotta. So che non ci disprezzi come fanno tutti gli ebrei».
«Tu vuoi che Io guarisca il soldato?».
«Sì. Hai guarito anche il servo del Centurione e la bambina di Valeria. Hai salvato Alessandro dall’ira dei tuoi compatrioti. Queste cose si sanno, in alto e in basso».
«Andiamo dal soldato». […]
E Gesù cammina dietro al graduato, che divora la via con le sue lunghe gambe nerborute e libere da impacci di vesti. Ma, anche camminando così, davanti a tutti, trova il modo di dire qualche parola a chi lo segue per primo, e che è Gesù, e dice: «Ero con Alessandro un tempo. Egli ti… Parlava di Te. Il caso mette Te presso me in questo momento».
«Il caso? Perché non dire Dio? Il vero Dio?».
Il soldato tace qualche momento e poi dice, in modo che Gesù solo senta: «Il vero Dio sarebbe quello ebreo… Ma non si fa amare. Se è come gli ebrei! Neanche di uno ferito hanno pietà…».
«Il vero Dio è il Dio degli ebrei come dei romani, dei greci, degli arabi, dei parti, sciti, iberi, galli, celti, libici ed iperborei. Non vi è che un Dio. Ma molti non lo conoscono, altri lo conoscono male. Se lo conoscessero bene, sarebbero tutti fra loro come fratelli e non vi sarebbero soprusi, odi, calunnie, vendette, lussurie, furti e omicidi, adulterii e menzogne. Io conosco il vero Dio e sono venuto per farlo conoscere».
«Si dice… Noi dobbiamo aver sempre le orecchie in ascolto per riferire ai centurioni e questi al Proconsole. Si dice che Tu sei Dio. È vero?». Il milite è molto… preoccupato nel dire questo. Guarda Gesù da sotto l’ombra del suo elmo, e pare quasi pauroso.
«Lo sono».
«Per Giove! È dunque vero che gli dèi scendono a conversare con gli uomini? Aver girato tutto il mondo dietro le insegne e venire qui, già vecchio, a trovare un dio!».
«Il Dio. Unico. Non un dio», corregge Gesù.
Ma il soldato è annichilito dall’idea di precedere un dio… Non parla più… Pensa. (EMV 514.7)
Gesù si reca sul luogo e, nonostante le preoccupazioni del soldato ferito che lo supplica di fargli poco male, tocca appena con la punta delle dita il punto della frattura. Alla domanda di Gesù se sia capace di aver fede, Camillo risponde affermativamente. Invitato ad alzarsi, il soldato si rialza immediatamente, completamente guarito da entrambe le fratture, tra lo stupore dei presenti. Al momento di congedarsi, Gesù predice al decurione che si rivedranno «su un altro monte», intendendo il monte Golgota (o Calvario), il luogo della Redenzione operata da Cristo:
Gli israeliti non gridano osanna. Non è un ebreo il guarito. Anzi sembrano malcontenti, o per lo meno con un viso che esprime critica all’atto di Gesù. Ma i soldati non lo sono. E snudano le corte e larghe daghe e le alzano nell’aria bigia dopo averle battute sugli scudi come per fare un rumore di festa. Gesù è in mezzo al cerchio di lame.
Il graduato lo guarda. Non sa come esprimersi, cosa fare, lui, uomo presso un dio, lui, pagano presso Dio… Pensa e trova che almeno deve fare a Dio ciò che farebbe al Cesare. E ordina il saluto militare all’imperatore (almeno credo che sia così, perché sento risuonare un «Ave!» potente, mentre le lame balenano mettendosi quasi orizzontali in cima al braccio teso). E, non contento ancora, il graduato dice sottovoce: «Va’ tranquillo anche di notte. Le strade… tutte sorvegliate. Servizio contro i ladroni. Sarai sicuro. Io…». Si arresta. Non sa che dire più.
Gesù gli sorride dicendo: «Grazie. Va’ e sii buono. Anche coi ladroni sii umano. Fedele al tuo servizio ma senza crudeltà. Sono degli infelici. E dovranno rendere conto del loro operato a Dio».
«Lo sarò. Salve! Vorrei vederti ancora…».
Gesù lo guarda fisso fisso. Poi dice: «Ci rivedremo. Su un altro monte». E torna a ripetere: «Siate buoni. Addio».
I soldati si rimettono in marcia. (EMV 514.9)
Poi, rispondendo a una domanda di Giuda di Keriot, Gesù confida ai suoi Apostoli che il decurione «da quel momento inizierà il suo cammino sicuro verso la Luce»:
«Perché hai detto al decurione che lo rivedrai su un monte? Come fai a saperlo?».
Gesù guarda Giuda di uno sguardo lungo e strano, misto di mestizia e di sorriso insieme, e dice: «Perché sarà uno dei presenti alla mia assunzione e dirà al grande dottore d’Israele una severa parola di verità. E da quel momento inizierà il suo cammino sicuro verso la Luce. Ma eccoci a Gabaon. Pietro vada con altri sette ad annunciarmi. Parlerò subito per licenziare chi mi segue dai paesi vicini. Gli altri sosteranno con Me sino a dopo il sabato. Tu, Giuda, resta insieme a Matteo, Simone e Bartolomeo». (EMV 515.6)
Maria Valtorta, a seguito di questa 'visione' avvenuta il 18 ottobre 1946, scrive una precisazione inerente la scena della Crocifissione e la presenza del decurione romano sul Golgota. Maria Valtorta aveva avuto, in precedenza, in data 27 marzo 1945 (ma collocata in seguito[6]) la visione della Passione e Morte di Gesù. Scrive Maria Valtorta:
Io non ho riconosciuto nel decurione nessuno dei soldati presenti alla Crocifissione. Ma devo anche dire che, presa dall’osservazione attenta del mio Gesù, non li ho notati molto. Erano, per me, un gruppo di soldati preposti al servizio. Nulla più. Inoltre, quando avrei potuto osservarli meglio perché «tutto era compiuto», c’era una luce così non luce che soltanto i volti molto noti potevano essere riconosciuti. Penso però, per le parole di Gesù, che sia quel milite che dice a Gamaliele alcune parole che non ricordo e che non posso controllare, perché sono sola e non posso farmi dare il quaderno della Passione da nessuno. (EMV 515.6)
Il Venerdì Santo ritroviamo il decurione romano, di guardia sul Golgota mentre assiste alla Passione e Morte di Gesù. Maria Valtorta lo cita nel momento in cui arrivano Nicodemo e Giuseppe di Arimatea e chiedono al decurione di poter passare per avvicinarsi alla Croce:
È in questa luce di fondo marino che emergono, da dietro dei giudei, Nicodemo e Giuseppe, e dicono: «Scansatevi!».
«Non si può. Che volete?», dicono i soldati.
«Passare. Siamo amici del Cristo». […]
«… Soldato, a te la borsa e il segno di lasciapassare».
E passa al decurione più vicino una borsa e una tavoletta cerata. Il decurione osserva e dice ai soldati:
«Lasciate passare i due».
E Giuseppe con Nicodemo si avvicinano ai pastori. Non so neppure se Gesù li veda in quella caligine sempre più fitta e con l’occhio che già si vela nell’agonia. (EMV 609.16)
Nel momento in cui il Signore muore, tutta la Terra si fa buia ed è sconvolta da un boato pauroso. Seguono dei fulmini imponenti che rigano il cielo e che cadono sulla città di Gerusalemme, sul Tempio e sulla folla che è colpita direttamente:
E poi subito, e mentre durano ancora le scariche delle saette, la terra si scuote in un turbine di vento ciclonico. Il terremoto e l’aeromoto si fondono per dare un apocalittico castigo ai bestemmiatori. La vetta del Golgota ondeggia e balla come un piatto in mano di un pazzo, nelle scosse sussultorie e ondulatorie che scuotono talmente le tre croci che sembra le debbano ribaltare. (EMV 609.23)
Mentre tutta la folla scappa in preda al terrore e le scosse di terremoto si ripetono per tre volte, il centurione Longino si fa prestare una lancia dal un soldato (forse proprio dal decurione romano), per accertarne la Morte ed evitare che il Corpo di Gesù sia sfregiato con il crucifragio[7]:
È qui che Longino si accosta a Giovanni e gli dice piano qualche parola che non afferro. Poi si fa dare da un soldato una lancia. Guarda le donne tutte intente a Maria, che riprende lentamente le forze. Esse hanno, tutte, le spalle alla croce. Longino si pone di fronte al Crocifisso, studia bene il colpo e poi lo vibra. La larga lancia penetra profondamente da sotto in su, da destra a sinistra.
Giovanni, combattuto fra il desiderio di vedere e l’orrore di vedere, torce per un attimo il viso.
«È fatto, amico», dice Longino e termina: «Meglio così. Come a un cavaliere. E senza spezzare ossa… Era veramente un Giusto!».
Dalla ferita geme molt’acqua e un filino appena di sangue già tendente a raggrumarsi. Geme, ho detto. Non esce che filtrando dal taglio netto che rimane inerte, mentre, se vi fosse stato del respiro, si sarebbe aperto e chiuso nel moto toracico addominale… (EMV 609.27)
Il Salvatore è ormai morto quando sul Golgota arriva, sconvolto, Gamaliele, il Dottore della Legge d’Israele, il quale, riconoscendo finalmente la vera natura del Crocifisso, si getta ai piedi della Croce per confessare il proprio accecamento spirituale. Ma il decurione romano lo respinge con la lancia, quella stessa lancia che potrebbe essere quella appena impugnata da Longino, il centurione del Calvario, per trafiggere il costato di Gesù. Maria Valtorta descrive così la 'visione':
… e torno sul Calvario, raggiungendo Gamaliele che sale, ormai sfinito, gli ultimi metri. Procede battendosi il petto e, quando giunge sulla prima delle due piazzuole, si butta bocconi, lunghezza bianca sul suolo giallastro, e geme: «Il segno! Il segno! Dimmi che mi perdoni! Un gemito, anche un gemito solo, per dirmi che mi odi e perdoni».
Comprendo che lo crede ancora vivo. Né si ricrede altro che quando un soldato, urtandolo con l’asta, dice: «Alzati e taci. Non serve! Dovevi pensarci prima. È morto. E io, pagano, te lo dico: Costui, che voi avete crocifisso, era realmente il Figlio di Dio!».
«Morto? Morto sei? Oh!…». Gamaliele alza il volto terrorizzato, cerca vedere fin lassù in cima, nella luce crepuscolare. Poco vede, ma quel tanto da capire che Gesù è morto lo vede. E vede il gruppo pietoso che conforta Maria, e Giovanni ritto alla sinistra della croce che piange, e Longino ritto a destra, solenne nella sua rispettosa postura. (EMV 609.30)
Percorso apostolico
Nella Domenica di Pasqua, Longino e il decurione romano scortano le discepole romane fino alla casa del Cenacolo e si presentano, prima le dame e poi i soldati, alla Vergine Maria. Un impulso comune li ha spinti, desiderano essere istruiti, poiché conoscono poco di Gesù e non vogliono più appartenere al mondo pagano.
La Madonna gli accoglie e dice loro:
«… L’amore nel Cristo tutti uguaglia e affratella. E il mio amore vi chiama figli, anche voi di altra nazione. Anzi io dico che vi ritrovo dopo avervi smarriti, perché, nel momento del dolore, presso il Morente eravate. E non dimentico la tua pietà, Longino. Non le tue parole, soldato. Parevo uccisa. Ma tutto vedevo. Io non ho come darvi ricompensa. E, veramente, per cose sante non c’è moneta. Ma solo amore e preghiera. E questa vi darò, pregando il nostro Signore Gesù di darvi Lui compenso».
«Lo avemmo, Domina. Per questo tutti insieme abbiamo osato venire. Ci riunì un comune impulso. Già la fede ha gettato il suo laccio da cuore a cuore», dice Longino.
Tutti si accostano incuriositi. E c’è chi, vincendo il ritegno e forse il ribrezzo del contatto pagano, dice: «Che aveste?».
«Io una voce, la sua. E diceva: “Vieni a Me”», dice Longino.
«Ed io udii: “Se santo mi credi, credi in Me”», dice l’altro soldato.
«E noi», dice Plautina, «mentre stamattina stavamo parlando di Lui, vedemmo una luce, una luce! Si formò in volto. Oh! di’ tu il suo splendore. Era il suo. E ci sorrise così dolcemente che non avemmo più che una volontà, venire a dirvi: “Non ci respingete”».
Vi è del brusio e dei commenti. Tutti parlano, ripetendo come lo videro. (EMV 626.4-5)
Origine del suo nome
Cornelio deriva dal latino Cornelius, un nome romano piuttosto diffuso perché riconducibile alla Gens Cornelia, un gruppo di famiglie patrizie tra le più importanti e potenti dell'antica Roma. Il termine richiama il "corno" che è un emblema associato all'idea di forza e potenza.
Dove lo incontriamo nell’Opera?
Per saperne di più su questo personaggio
Questo paragrafo è parzialmente estratto dal volume in lingua francese: Dizionario dei personaggi dell’Evangelo secondo Maria Valtorta:
Secondo l’Abate Maistre[8] e il vescovo Jean-Joseph Gaume, basandosi su una tradizione antica riportata da Flavio Lucio Destro (Flavius Lucius Dexter)[9], al centurione di Cesarea — identificato come Oppio Caio Cornelio — viene attribuita la frase evangelica: «Davvero costui era Figlio di Dio!»[10]. Secondo questa ipotesi, il decurione anonimo descritto da Maria Valtorta, sarebbe diventato il futuro centurione Cornelio di Cesarea, battezzato da San Pietro.
L'episodio è riportato negli Atti degli Apostoli[11]. Cornelio il centurione è tradizionalmente considerato il primo pagano convertito al cristianesimo.
Note
- ↑ At 10,1
- ↑ Mc 15,39
- ↑ Mt 27,54
- ↑ nel terzo periodo di 4 mesi
- ↑ Guarigione di un bambino colpito dal cavallo di Alessandro: EMV 115
- ↑ al capitolo EMV 609
- ↑ Il crucifragio era la pratica romana di spezzare le gambe ai condannati crocifissi per accelerarne la morte
- ↑ Étienne Maistre (1802-1879) è stato un ecclesiastico e scrittore francese, noto per le sue opere di storia della Chiesa e biografie evangeliche.
- ↑ storico del IV secolo e amico di San Girolamo
- ↑ Maistre, Les Hommes illustres de la primitive Église, 1874, Tome 1, page 241-255 e Mgr Gaume Biographies évangéliques, tome 1, pages 566-582.
- ↑ At 10,1