Alessandro Misace

Da Wiki Maria Valtorta.
Market at Tantah (1878) - Leopold Carl Müller
Mercato a Tantah di Leopold Carl Müller

È un vecchio e ricco mercante proveniente dall’Oltre Eufrate, è un discendente degli ebrei esiliati in Babilonia[1]. Nel tempo, la fede ebraica di Alessandro Misace si è progressivamente affievolita, ma non si è spenta. Sente parlare del Messia atteso d'Israele da una fabbricante di tappeti di Ascalona, città filistea che Gesù aveva visitato e dove aveva miracolosamente guarito la mamma della bambina Dina, una povera vedova ormai morente, madre di altri tre figli piccoli e ormai prossimi a rimanere orfani.[2]

Alessandro Misace, che si trovava a Gerusalemme per affari, mosso dalla curiosità aveva cercato Gesù e lo aveva ascoltato mentre predicava al Tempio. Pochi giorni dopo, in occasione di un lungo viaggio intrapreso da Gesù con i suoi apostoli e le discepole per evangelizzare le regioni del Galaad e dell'Auranite (nei territori dell’Oltre Giordano), durante il periodo del Secondo anno della Vita pubblica, Alessandro Misace, con l'intera sua carovana al seguito, finalmente lo incontra di persona e stringe con Gesù un accordo di reciproca protezione:

Gesù si mette in cammino di nuovo, accodandosi ad una lunga carovana ricca di quadrupedi e di uomini bene armati, coi quali ha parlato prima, mentre questi facevano bere le loro bestie alle vasche della piazza. Sono uomini per lo più alti e molto bruni, già di apparenza asiatica. Su un fortissimo mulo è il capo della carovana, armato fino ai denti e con armi che ciondolano dalla sella. Pure è stato molto deferente con Gesù. Gli apostoli chiedono a Gesù: «Chi è?».

«Un ricco mercante d’Oltre Eufrate. Gli ho chiesto dove andava e fu cortese. Passa per le città dove conto andare. Ciò è provvidenza su questi monti, avendo donne con noi».

«Temi qualche cosa?».

«Come furti nulla, perché non abbiamo nulla. Ma basterebbe la paura per le donne. Un pugno di ladroni non assalta mai una carovana così forte, e potrà esserci utile anche per conoscere i passi migliori e superare quelli difficili. Mi ha chiesto: “Sei il Messia?” e, saputo che sì, ha detto: “Ero nel cortile dei Pagani giorni or sono e ti ho sentito più che visto, perché io sono piccolo. Bene, io proteggerò Te e Tu proteggerai me. Ho un carico di molto valore”».

«È proselite?».

«Non credo. Ma forse è ancora proveniente dal nostro popolo». [EMV 286.1]
Come si presenta il panorama andando a Ramot e dopo aver superato i monti
Due schizzi di Maria Valtorta: Come si presenta il panorama andando a Ramot e Come dopo aver superato i monti, da EMV 287.1

La carovana procede nel suo percorso da Gerico, attraverso le montagne, verso Ramot, Alessandro Misace offre aiuto alle donne discepole perché si era accorto che si erano molto affaticate nel cammino:

Il sole sta per calare dietro i monti della Giudea, arrossando vivamente cielo e coste, quando il ricco mercante, che si è fermato lasciando passare la carovana, interpella Gesù: «Occorre giungere al paese avanti notte. Ma molti di quelli che sono con Te paiono stanchi. È una tappa dura questa. Falli salire sui muletti di scorta. Sono bestie quiete. E avranno tutta la notte per il loro riposo, né è fatica portare peso di donna».

Gesù acconsente e l’uomo ordina l’alt per far salire sulle bestie le donne. Gesù fa salire a cavallo anche Giovanni di Endor. E quelli a piedi, Gesù compreso, prendono le redini per rendere più sicuro l’andare alle donne. Marziam vuole fare… l’uomo e, benché caschi dalla fatica, non vuole assolutamente andare in sella con nessuno, ma anzi prende anche lui una redine del muletto di Maria Ss., che così è fra Gesù e il bambino, e cammina bravamente. Il mercante è rimasto vicino a Gesù e dice a Maria: «Vedi, o Donna, quel paese? È Ramot. Là ci fermeremo. Sono conosciuto all’albergo perché faccio questa via due volte all’anno, mentre per altre due faccio la costa, per vendere o acquistare. La mia vita, dura vita. Ma ho dodici figli e piccini. Mi sono sposato tardi. Uno l’ho lasciato di nove giorni. E ora lo troverò coi primi denti».

«Una bella famiglia…», commenta Maria e termina: «Te la conservi il Cielo».

«Non mi lamento infatti del suo aiuto, per quanto io sia molto poco meritevole del suo aiuto». [EMV 286.2]

Gesù approfitta subito per dare ad Alessandro Misace un primo ammaestramento sulla Fede e gli dice che spera di potergli concedere un dono alla fine del viaggio, per ringraziarlo della sua bontà, intendendo il dono della fede in Dio:

Gesù interroga: «Sei almeno proselite?».

«Dovrei esserlo… I miei antenati erano veri israeliti. Poi… ci siamo acclimatati là…».

«L’anima si acclimata in un’unica aria, quella del Cielo».

«Hai ragione. Ma sai… Il bisavolo sposò una non d’Israele. I figli furono meno fedeli… I figli dei figli si risposarono con nuove donne non d’Israele, dando figli solo rispettosi del nome giudeo; perché, d’origine, siamo giudei. Ora io, nipote dei nipoti… più nulla. A contatto con tutti ho preso di tutti, finendo a essere più di nessuno».

«Non è una buona ragione la tua, e te lo dimostro. Se tu, andando per questa via che conosci buona, trovassi cinque o sei persone le quali ti dicono: “Ma no, va’ di là!”, “Torna indietro”, “Fermati”, “Prendi a oriente”, “Torci a occidente”, tu che diresti?».

«Direi: “So che questa è la via più breve e giusta, e non la lascio”».

«Ancora: tu, dovendo fare un affare e sapendo il metodo da tenere per farlo, daresti retta a quelli che, o per sola spavalderia o per calcolata astuzia, ti consigliassero in modo diverso?».

«No. Seguirei ciò che la mia esperienza mi dice migliore».

«Benissimo. Millenni di fede sono dietro a te, originario d’Israele. Stupido non sei, né incolto. Perché allora assorbi i contatti di tutti in materia di fede, mentre sai respingerli in materia di denaro o di sicurezza stradale? Non ti pare questa cosa disonorevole anche umanamente? Posporre Dio al denaro e alla via…».

«Non pospongo Dio. Ma l’ho perso di vista…».

«Perché hai per dèi il commercio, il denaro, la vita. Ma è ancora Dio che ti permette di averle, queste cose… Perché sei entrato allora nel Tempio?».

«Per curiosità. Per la strada, mentre uscivo da una casa dove avevo contrattato merce, ho visto un gruppo d’uomini venerarti e mi è riaffiorato un discorso sentito ad Ascalona da una fabbricatrice di tappeti. Ho chiesto chi eri, perché m’era venuto sospetto che fossi quello di cui parlava la donna. E, saputo che eri Tu, ti sono venuto dietro. Avevo finito i miei affari per quel giorno… Poi ti ho perso di vista. A Gerico ti ho rivisto. Ma un momento solo. Ora ti ho ritrovato… Ecco…».

«Ecco dunque che Dio unisce e intreccia le nostre strade. Io non ho doni da farti per ringraziarti delle tue bontà. Ma prima di lasciarti spero poterti dare un dono, a meno che tu non mi abbandoni avanti».

«No, che non lo farò! Alessandro Misace non si ritira quando si è offerto! Ecco. Dietro quella svolta ha inizio il paese. Vado avanti. Ci rivedremo nell’albergo», e sprona partendo quasi al galoppo sul bordo della via.

«È un onesto e un infelice, Figlio mio», dice Maria.

«E tu lo vorresti felice secondo Sapienza, non è vero?».

Si sorridono dolcemente nelle prime ombre della sera. [EMV 286.3-4]

Durante la sosta a Ramot, riuniti tutti insieme in una vasta stanza dell’albergo, il mercante Alessandro Misace sembra appartarsi intento a fare dei conti, invece ascolta con attenzione la lezione che Gesù impartisce a Sintica sul ricordo delle anime, ovvero sulla memoria spirituale dell'umanità e la luce della verità che persiste anche nelle tenebre dei miti pagani. Alla fine Gesù lo saluta prima del riposo notturno:

«Allora andiamo a raccoglierci ognuno in se stesso. Andiamo, amici. La pace a voi donne, la pace a voi discepoli miei. La pace a te, Alessandro Misace».

«Addio, Signore. Dio sia con Te», risponde il mercante inchinandosi… [EMV 286.7]
Cartina Palestina
Viaggio nei territori Oltre Giordano - EMV 285-295

Il mattino seguente la carovana riprende il cammino da Ramot in direzione di Gerasa, Alessandro Misace dispone che le donne proseguano il viaggio a dorso dei cavalli, per arrivare a destinazione prima che cali la notte. Dopo aver superato il punto più difficile del tragitto, perché costellato di roccie, il capocarovana ordina una sosta per rifocillarsi. Dona agli apostoli un capretto da arrostire e poi, quando la carovana riparte, parla con Gesù:

«Quella città murata è Gerasa, Signore. Città di grande avvenire. Ora si sta formando, e credo di non errare dicendo che competerà presto con Joppe ed Ascalona, con Tiro e con molte altre città, per bellezza, commerci e ricchezza. I romani ne vedono l’importanza su questa via che dal mar Rosso, e perciò dall’Egitto, per Damasco va al mare Pontico. E aiutano i geraseni a costruire… Hanno occhio e fiuto buono. Per ora ha solo molti commerci, ma poi!… Oh! sarà bella e ricca! Una piccola Roma con templi e piscine, circhi e terme. Io vi avevo solo commerci. Ma ora vi ho già preso molto suolo, per farvi empori, per rivenderlo a caro prezzo fra poco, forse per costruirvi una casa da vero signore e venire a starvi in vecchiaia quando Baldassare, Nabor, Felice e Sidmia potranno rispettivamente tenere e guidare gli empori di Sinopo, Tiro, Joppe e Alessandria nella foce del Nilo. Intanto cresceranno gli altri tre figli maschi e darò loro gli empori di Gerasa, di Ascalona, di Gerusalemme forse. E le femmine, ricche e belle, saranno cercate e faranno buoni matrimoni e mi daranno molti nipoti…». Il mercante sogna ad occhi aperti il più roseo e aureo futuro. [EMV 287.4]

Ma Gesù approfitta di queste confidenze per dare un altro ammaestramento di vita eterna ad Alessandro Misace:

Gesù chiede calmo: «E poi?».

Il mercante si scuote, lo guarda perplesso e poi dice: «E poi? Basta. Dopo verrà la morte… È triste. Ma è così».

«E lascerai ogni attività? Ogni emporio? Ogni affetto?».

«Ma Signore! Io non lo vorrei. Ma, come sono nato, devo anche morire. E dovrò lasciare tutto», e tira un sospirone tale da far procedere la carovana col suo vento…

«Ma chi ti dice che da morti si lascia tutto?».

«Chi? Ma i fatti! Morti che si è… Più nulla. Non più mani, non più occhi, non più orecchie…».

«Non sei soltanto mani, occhi e orecchie».

«Sono un uomo. Lo so. Ho altre cose. Ma tutte finite con la morte. È come il tramonto del sole. Il tramonto lo annulla…».

«Ma l’aurora lo ricrea, o meglio lo ripresenta. Tu sei un uomo, lo hai detto. Non sei un animale come quello che cavalchi. Lui, morto che sia, è realmente finito. Tu no. Tu hai l’anima. Non lo sai? Neppur questo sai più?».

Il mercante sente il triste rimprovero, triste e dolce, e china la testa mormorando: «Questo lo so ancora…».

«E allora? Non sai che l’anima sopravvive?».

«Lo so».

«E allora? Non sai che ha sempre un’attività nell’oltre vita? Santa, se ella è santa. Malvagia, se ella è malvagia. Ha i suoi sentimenti. Oh! Come li ha! Di amore, se santa. Di odio, se dannata. Odio per chi? Per le cause della sua dannazione. Nel tuo caso le attività, gli empori, gli affetti tutti umani. Di amore per chi? Per le stesse cose. E che benedizioni sui figli e sulle attività dei figli può portare un’anima che è nella pace del Signore!».

L’uomo è pensieroso. Dice poi: «È tardi. Sono vecchio, ormai». E ferma il mulo.

Gesù sorride e risponde: «Io non ti forzo. Ti consiglio», e poi si volge a guardare gli apostoli che, nella tappa prima di entrare in città, aiutano le donne a scendere e prendono le loro sacche. La carovana riparte, entrando presto dalla porta vegliata dalle torri nella città piena di traffico.

Il mercante torna da Gesù: «Vuoi ancora stare con me?».

«Se tu non mi scacci, perché non dovrei volere?».

«Per quello che ti ho detto. A Te, santo, io devo fare schifo».

«Oh! no! Sono venuto per quelli come te. Vi amo perché siete i più bisognosi. Tu non mi conosci ancora. Ma Io sono l’Amore che passa mendicando amore».

«Allora non mi odii?».

«Io ti amo».

L’uomo ha un luccichio negli occhi fondi. Ma dice con un sorriso: «Allora staremo insieme. A Gerasa io mi fermo tre giorni per affari. Lì lascio i muli per i cammelli. Ho la posta delle carovane nei luoghi di tappa maggiore e ho un servo a badare le bestie che lascio nel luogo. E Tu che farai?».

«Evangelizzerò nel sabato. Ti avrei lasciato se tu non avessi sostato, perché il sabato è sacro al Signore».

L’uomo aggrotta la fronte, pensa e, come a fatica, assente: «…Già… È vero. È sacro al Dio d’Israele. È sacro. È sacro». Guarda Gesù… «Te lo consacrerò, se permetti».

«A Dio. Non al suo Servo».

«A Dio e a Te, ascoltandoti. Farò oggi gli affari e nella mattina di domani. E poi ti ascolterò. Vieni all’albergo ora?».

«Per forza. Ho le donne e qui sono sconosciuto».

«Eccolo il mio. È mio perché ci stanno le mie scuderie di anno in anno. Ma ho vaste stanze per le mercanzie. Se credi…».

«Dio te ne compensi. Andiamo». [EMV 287.5-6]

Il giorno successivo Gesù tiene un discorso ai cittadini di Gerasa,[3] invitandoli a essere santi e giusti per il bene e la prosperità della loro città, ma soprattutto per poter divenire cittadini del Regno di Dio grazie all'osservanza dei Dieci Comandamenti; ricorda loro la parabola dell'uomo forte[4] e una volta concluso il discorso riceve la lode di una donna gerasena alla Madre di Gesù:

«Mentre diceva questo, una donna dalla folla alzò la voce e gli disse: “Beato il grembo che ti ha portato e il seno che ti ha allattato!”. Ma egli disse: “Beati piuttosto coloro che ascoltano la parola di Dio e la osservano!”. (Lc 11, 27-28)
Sultan’s white camel, sketch (1871)
Il cammello bianco del sultano, schizzo di Stanisław Chlebowski
Nel lungo pomeriggio del sabato (lo Shabbat) gli apostoli e le discepole riposano o discutono tra loro, mentre Marziam guarda affascinato i cammelli di Alessandro Misace nelle scuderie, poi ricerca inutilmente l'attenzione dei discepoli. Gesù, invece, si interessa del bambino e parla con Calipio di Gerasa, uno dei servi di Alessandro Misace, per esaudire il desiderio di Marziam di poter cavalcare un cammello. Poi Gesù ha un nuovo dialogo con Alessandro Misace che prosegue nel suo cammino di riavvicinamento alla fede in Dio:

«Ecco Alessandro che ispeziona i suoi cammelli. Ora gli dico che uno non c’è per mia colpa». E Gesù va lesto verso il mercante e gli parla. Tornano insieme.

Il mercante dice: «Molto bene. Si divertirà e gli farà bene una corsa al sole. Puoi stare sicuro che l’uomo lo tratterà bene. Calipio è un brav’uomo. In cambio della corsa ti chiedo di dirmi qualche cosa. Questa notte pensavo alle tue parole… a quelle sentite a Ramot, dette fra Te e la donna, a quelle di ieri. Ieri mi pareva di salire su un alto monte come quelli della terra che abito, che hanno proprio la cima nelle nuvole. Tu portavi su, su, su. Mi pareva di essere uno preso da un’aquila. Una di quelle del nostro monte maggiore, il primo emerso dal Diluvio. Vedevo tutte cose nuove, mai pensate, tutte fatte di una luce… E le capivo. Poi mi si sono confuse. Di’ ancora».

«Che devo dire?».

«Ma non so… Era tutto bello. Quello che dicevi di ritrovarsi in Cielo… Ho capito che là si amerà diversamente eppure uguale. Per esempio: non avremo più le ansie di ora, eppure saremo tutti per uno e uno per tutti, come fossimo una famiglia sola. Dico male?».

«No. Anzi! Saremo una famiglia anche coi viventi. Le anime non sono separate dalla morte. Parlo dei giusti. Essi costituiscono una sola grande famiglia. Fa’ conto un grande tempio, dove siano quelli che adorano e pregano e quelli che si affaticano. I primi pregano anche per quelli che si affaticano, i secondi lavorano per questi oranti. Così è delle anime. Noi ci affatichiamo sulla Terra. Essi ci sovvengono delle loro preghiere. Ma noi dobbiamo offrire le nostre sofferenze per la loro pace. È una catena che non si rompe. È l’Amore che lega quelli che furono con quelli che sono. E quelli che sono devono essere buoni per potersi riunire a quelli che furono e che ci desiderano con loro». [EMV 289.4]
Il giorno seguente, di buon mattino, la carovana di Alessandro Misace riprende il viaggo lasciando la città di Gerasa verso Bozra, ma una donna chiede a Gesù di guarire il marito, afflitto da gravi ulcerazioni agli occhi. La carovana si ferma e il Signore ammonisce l'uomo per i suoi peccati passati, dopo il suo pentimento Gesù lo invita a lavarsi in un ruscello. Inizialmente la guarigione non è immediata, Gesù fa cenno al mercante che si può andare, lasciando dietro sé l’apparente fallimento di un miracolo non avvenuto e la delusione di Alessandro Misace e della moglie dell'uomo, ma poco dopo, mentre la carovana riparte, l’uomo grida con gioia di aver riacquistato la vista, testimoniando la guarigione ottenuta grazie alla fede in Cristo. Alessandro Misace chiede spiegazioni a Gesù sul miracolo a cui ha assistito:

Il mercante si liscia la barba pensieroso… Infine chiede: «E se non avesse saputo persistere a credere dopo la delusione del lavaggio?».

«Sarebbe rimasto quale era».

«Perché esigi tanta fede per fare miracolo?».

«Perché la fede testimonia presenza di speranza e di amore in Dio».

«E perché prima hai voluto il pentimento?».

«Perché il pentimento fa amico Dio».

«Io che non ho malattie, che dovrei fare per testimoniare che ho fede?».

«Venire alla Verità».

«E potrei venirci senza amicizia di Dio?».

«Non ci potresti venire senza la bontà di Dio. Il Signore permette che chi, ancora senza pentimento, lo cerca, lo trovi; perché il pentimento generalmente viene quando l’uomo, scientemente o con appena una larva di coscienza di ciò che vuole la sua anima, conosce Iddio. Prima è come un ebete guidato dal solo istinto. Tu non hai mai sentito il bisogno di credere?».

«Molte volte. Non ero soddisfatto, ecco, di ciò che avevo. Sentivo che c’era dell’altro. Più forte del denaro e dei figli, speranze mie… Ma non mi davo poi la cura di cercare di sapere ciò che senza sapere cercavo».

«La tua anima cercava Dio. La bontà di Dio ha permesso che tu trovassi Dio. Il pentimento per il tuo inerte passato lontano da Dio ti darà l’amicizia di Dio».

«Allora per… per avere il miracolo di vedere con l’anima la Verità, dovrei pentirmi del passato?».

«Certamente. Pentirti e risolverti ad un completo mutamento di vita…».

L’uomo si torna a lisciare la barba, e pare che stia studiando e contando i peli del collo del cammello, tanto sta a occhi fissi. Senza volere, urta col tallone la bestia, e questa prende l’urto per un incitamento ad accelerare il passo, e lo fa portando oltre il mercante, verso la testa della carovana. [EMV 290.3]

Dopo la sosta nottura presso la fonte del cammelliere, la sera successiva la carovana arriva nella città di Bozra, nella regione dell'Auranite,[5] che Alessandro Misace definisce “bella e buona”:

… «Che sono quelle? Montagne che dobbiamo salire?», chiede impensierito Pietro.

«No, no. Sono i monti di Auran. Noi restiamo nella pianura, al di qua di essi. Entro sera saremo a Bozra di Auranite. Bella e buona città. Molti commerci», conforta il mercante e loda, lui che a base di bellezza di un luogo mette sempre la prosperità commerciale. [EMV 291.1]

Maria Valtorta, nella visione della città, descrive Bozra come molto sporca:

… Bozra ormai è vicina. Stesa nella pianura, appare vasta e sembra bella, con mura e torri. La sera che scende smorza i toni delle case e delle campagne in un lilla grigiognolo pieno di languore, nel quale si confondono i contorni, mentre belati e grugniti delle pecore e dei porci, chiusi nei recinti fuori le mura, rompono il silenzio della campagna. Silenzio che cessa non appena, varcata la porta, la carovana entra in un dedalo di stradette che deludono chi dall’esterno giudicava bella la città. Voci, odori e… fetori stagnano nelle viuzze contorte e accompagnano i pellegrini fino ad una piazza, certo un mercato, nella quale è l’albergo. E l’arrivo a Bozra è avvenuto. [EMV 291.5]

La mattina seguente, dopo un alterco tra Pietro e Fara (l'oste dell'albergo dove sono alloggiati), Gesù viene allertato dell'arrivo di quattro farisei che si spacciano per suoi discepoli, ma chiede ugualmente all'oste di poter parlare dal suo cortile agli abitanti di Bozra. Anche Alessandro Misace, che ha osservato a pochi passi da Gesù tutta la scena, si presta a informare i cittadini che il Signore parlerà loro:

… Gesù sospira… Poi dice: «Vuoi aiutare il Nazareno?».

«Se posso…».

«Io parlerei volentieri da questo cortile…».

«E io ti lascerò parlare. Quando?».

«Fra sesta e nona».

«Va’ tranquillo dove vuoi. Bozra saprà che parli. Ci penso io».

«Dio te ne compensi», e Gesù gli dà un sorriso che è già un compenso. Poi si avvia verso la stanza dove era prima.

Alessandro Misace dice: «Maestro, sorridi anche a me così… Vado anche io a dire ai cittadini di venire a sentire la Bontà che parla. Ne conosco molti. Addio».

«Anche a te Dio dia compenso», e Gesù gli sorride. [EMV 292.4]

Una grande folla si raduna nel cortile dell'albergo di Fara di Bozra, gente di tutta la regione che è venuta per ascoltare il Maestro oppure per chiedere una guarigione. Il Signore parla loro, ricorda i passi del profeta Isaia[6] invitando tutti coloro che riconoscono e credono nel Messia a esultare, perché a loro è promessa la vita eterna. Infine, prega il Padre per la guarigione di tutte le malattie corporali e spirituali di coloro che sono presenti. Un insieme di grida si alza dalla folla perché avviene il miracolo della simultanea guarigione di tutti i malati. Dopo aver congedato la folla Gesù si rivolge direttamente ad Alessando Misace, è arrivato il momento di concedergli il dono della Fede promesso all'inizio del viaggio. I dialoghi con Gesù, gli insegnamenti che ha ascoltato, i miracoli che ha visto, alla fine, hanno 'aperto' il suo cuore:

«Domani alla prima luce Alessandro parte per Aera. Andremo con lui fino alla strada di Arbela e poi lo lasceremo. E con dolore, credilo, Alessandro Misace, che sei stato una guida cortese del Pellegrino. Mi ricorderò di te sempre, Alessandro…».

Il vecchio è commosso. Sta con le braccia incrociate sul petto nel profondo saluto orientale, un poco curvo, di fronte a Gesù. Ma sentendo queste parole dice: «Soprattutto ricordati di me quando sarai nel tuo Regno».

«Lo desideri, Misace?».

«Sì, mio Signore».

«Io pure desidero una cosa da te».

«Quale, Signore? Sol che io possa, te la darò. Fosse la più preziosa delle cose che posseggo».

«È la più preziosa. La tua anima voglio. Vieni a Me. Ti ho detto, in principio del viaggio, che speravo di darti un dono alla fine. Il dono è la Fede. Credi tu in Me, Misace?».

«Io credo, Signore».

«Allora santifica la tua anima, onde la Fede non sia per te dono non solo inerte, ma dannoso».

«È vecchia la mia anima. Ma mi sforzerò di farla nuova. Signore, io sono un vecchio peccatore. Ma Tu assolvimi e benedicimi perché da qui io cominci una vita nuova. Porterò con me la tua benedizione come la migliore scorta nel mio cammino verso il tuo Regno… Ci vedremo mai più, Signore?».

«Mai più su questa Terra. Ma saprai di Me e crederai ancora di più, perché non ti lascerò senza evangelizzazione. Addio, Misace. Domani poco tempo avremo di salutarci. Facciamolo ora, prima di consumare per l’ultima volta il cibo insieme».

Lo abbraccia e lo bacia. Anche gli apostoli e i discepoli lo fanno. Le donne salutano in un unico saluto.

Ma Misace si inginocchia quasi davanti a Maria dicendo: «La tua luce di pura stella mattutina splenda nel mio pensiero fino alla morte».

«Alla Vita, Alessandro. Ama mio Figlio e me amerai, ed io ti amerò». [EMV 293.9]
EMV 294.2
Disegno di Maria Valtorta della città di Arbela, della Strada maestra Bozra-Arbela e della Carovaniera per Aera. [EMV 294.2]

Il giorno successivo il viaggio riprende in direzione di Arbela. Alessandro Misace dispone che tutti viaggino a dorso dei propri cammelli, per rendere il percorso molto più riposante. La carovana si ferma per l'ultimo saluto, Alessandro Misace prosegue il viaggio in direzione di Aera, mentre Gesù con i discepoli e le donne proseguiranno a piedi verso Arbela:

… Scende anche Misace, che si era tenuto in sella Marziam, e mentre i cammellieri riformano il carico nella maniera abituale si accosta a Gesù per un nuovo saluto.

«Io ti ringrazio, Misace. Ci hai risparmiato molta fatica e molto tempo».

«Sì. Oltre venti miglia si sono fatte in breve ora. Hanno lunghe gambe i cammelli, se anche non hanno dolce ambio. Voglio sperare che le donne non abbiano troppo sofferto di esso».

Le donne rassicurano tutte di essere riposate e senza sofferenze.

«Ormai siete a sei miglia da Arbela. Vi accompagni il Cielo e vi dia leggero cammino. Addio, mio Signore. Permetti che io baci i tuoi piedi santi. Felice di averti incontrato, Signore. Ricordati di me».

Misace bacia i piedi di Gesù e poi rimonta in sella, e il suo crrr crrr fa alzare i cammelli… E la carovana parte di galoppo sulla strada piana, fra nuvoli di polvere. … [EMV 294.1]

Lasciandolo, anche Alessandro Misace fa a Gesù un dono sostanziale, oltre che per gli oboli ai bisognosi, servirà provvidenzialmente per poter mandare e sistemare ad Antiochia, due perseguitati: Sintica e Giovanni di Endor:

Mentre mangiano, Marziam dice: «Allora è anche il momento di darti questa borsa. Me l’ha data il mercante mentre ero in sella con lui. Mi ha detto: “La darai a Gesù prima di separarti da Lui e gli dirai che mi ami come ama te”. Eccola. Mi pesava qui nella veste. Sembra piena di sassi».

«Fa’ vedere! Fa’ vedere! Il denaro pesa!». Sono tutti curiosi.

Gesù slega le cordicelle di cuoio ritorto che tengono stretta la borsa di pelle di gazzella, credo, perché sembra pelle di camoscio, e rovescia il contenuto sul suo grembo. Monete rotolano fuori. Ma sono il meno. Rotolano fuori tanti sacchettini di sottilissimo bisso: fagottini legati con un filo. Vaghi colori traspaiono dal lino leggerissimo, e il sole pare accendere un fuocherello in quei fagottini, come fossero brage sotto una velatura di cenere.

«Che è? Che è? Slega, Maestro».

Sono tutti curvi su di Lui che, molto calmo, scioglie il nodo di un primo fagottello dal fuoco biondo: topazi di diverse grandezze, ancora grezzi, splendono liberi al sole. Un altro fagottello: rubini, gocce di sangue rappreso. Un altro: prezioso rider di verde per schegge di smeraldi. Un altro: scaglie di cielo con zaffiri puri. Un altro: languide ametiste. Un altro: indaco viola di berilli. Un altro: splendore nero d’onici… E così via per dodici fagottini. Nell’ultimo, il più pesante e tutto un brillio d’oro di crisoliti, una piccola pergamena: «Per il tuo razionale di vero Pontefice e Re».

Il grembo di Gesù è un praticello su cui sono sfogliati petali luminosi… Gli apostoli tuffano le mani in questa luce che si è fatta materia multicolore. Sono sbalorditi… [EMV 294.3]

Carattere ed aspetto fisico

Alessandro Misace è un uomo ormai anziano e basso di statura. È un mercante molto ricco e molto preso dalle sue attività commerciali che ha consolidato nel tempo, ma il suo spirito è insoddisfatto, non è appagato dalle grandi ricchezze che possiede. Appare come una persona affidabile e onesta, riflessiva e prudente, Maria Valtorta lo descrive come un capo carovana armato fino ai denti e con armi che ciondolano dalla sella. Lungo il viaggio si dimostra attento ai bisogni delle persone e si pone in ascolto del Signore con interesse sincero e desiderio di comprendere. Il senso degli affari e il suo lavoro di mercante non gli impediscono di essere mosso, in modo genuino, dalla ricerca della verità e del senso della vita. È padre di ben dodici figli (sette maschi e cinque femmine), anche piccoli perché si è sposato tardi, alcuni dei quali con nomi di chiara consonanza persiana: Baldassarre, Nabor, Felice e Sidmia... ma la sua fede nel Dio d'Israele, il Dio dei suoi antenati, gli ebrei esiliati a Babilonia da cui discende, anche se si è progressivamente intiepidita non si è mai spenta del tutto. Riconosce di essere un povero peccatore e di essere indegno di stare al cospetto del Signore, ma vedendo che Egli non lo allontana e apprendendo che il Messia è venuto proprio per la salvezza dei peccatori, inizia il suo percorso di conversione, un percorso che lo porterà dalla ricerca di Dio alla Fede in Cristo e, al termine del viaggio, a donare parte delle sue ricchezze, con spirito di gratitudine, a Gesù. Il Signore definisce Alessandro Misace “una guida cortese del Pellegrino”[7].

Percorso apostolico

Nel proseguire del suo percorso, Alessandro Misace evangelizzerà l’Uomo di Petra, un mercante come lui, il cui figlio Fara e la figlia Tamar sono entrambi ciechi e lo invita a cercare Gesù per chiedere a Lui il miracolo della guarigione dei due figli:

«Signore!… Ascolta un infelice…», dice, come lo ha raggiunto. Gesù, Giovanni e Marziam si voltano stupiti.

«Che vuoi?».

«Sono di Petra, Signore. Per conto d’altri passo le mercanzie venienti dal mar Rosso sino a Damasco. Non sono povero. Ma è come se lo fossi. Ho due figli, Signore, e il male li ha presi agli occhi, e ciechi sono, uno tutt’affatto — il primo che si è ammalato — l’altro quasi cieco e presto del tutto. I medici non fanno miracoli, ma Tu sì».

«Come lo sai?».

«Conosco un ricco mercante che ti conosce. Sosta nel mio recinto. Qualche volta anche lo servo. Mi ha detto, vedendo i figli: “Solo Gesù di Nazaret li potrebbe guarire. Cercalo”. Ti avrei cercato. Ma ho poco tempo io, e devo seguire le vie più indicate».

«Quando vedesti Alessandro?».

«Fra le due feste vostre di primavera. Da allora ho fatto altri due viaggi, ma non ti ho mai incontrato. Signore, abbi pietà!».

[...]

«Non è questo. È… Come puoi credere che Io faccia ciò che i medici non hanno potuto?».

«Perché Tu sei il Messia di Dio ed essi sono uomini. Tu sei il Figlio di Dio. Me lo ha detto Misace, e io lo credo. Tu puoi fare tutto, anche per un povero come io sono». La risposta è sicura e l’uomo la completa lasciandosi scivolare a terra, senza neppure far inginocchiare il cammello, e si prostra tutto nella polvere. [EMV 499.3-4]

Concordanze storiche

deportazione degli ebrei a Babilonia
La fuga dei prigionieri di Jacques Joseph Tissot

Sotto il regno di Nabucodonosor II (604-562 a.C.) l'élite religiosa, politica ed economica di Israele fu deportata a Babilonia, capitale di un immenso impero e il Tempio di Gerusalemme fu completamente distrutto (nel 586 a.C). Alcuni decenni più tardi l'imperatore Ciro II, re dei persiani e vincitore dei babilonesi, fece liberare gli ebrei deportati. Dovevano tornare nel loro paese, diventato la provincia persiana di Giudea, e ricostruirvi il nuovo Tempio di Gerusalemme (a partire dal 536 a.C.). Più di 40.000 deportati approfittarono di questa offerta, ma molti rimasero a Babilonia dove avevano prosperato. Costituirono il primo centro della Diaspora. Perfettamente integrati, rimasero tuttavia legati alle loro origini. Hillel, il grande rabbino d'Israele che difese il Signore durante la disputa del giovane Gesù nel Tempio con i dottori della Legge,[8] proveniva da questo centro intellettuale.

Origine del suo nome

Alessandro deriva dal greco Alexandros e significa "difensore degli uomini" o "protettore di uomini". L’origine del nome Misace resta per ora sconosciuta.

Dove lo incontriamo nell’Opera?

Volume 4: EMV 286 EMV 287 EMV 289 EMV 290 EMV 291 EMV 292 EMV 293 EMV 294

Volume 5: EMV 310 EMV 316

Volume 7: EMV 499

Note

  1. di cui si narra in: 2 Re 24-25; 2 Cronache 36
  2. EMV 218
  3. EMV 288
  4. Mc 3,27 ; Mt 12,29 ; Lc 11,21-22
  5. È il nome antico della regione storica e geografica della Siria meridionale, oggi conosciuta come Hauran. Auranitide significa letteralmente "regione cavernosa".
  6. Is 6,9-10 Is 63,1 Is 65,1
  7. EMV 293.9
  8. EMV 41