Aggeo di Malachia, l’indemoniato di Cafarnao

Da Wiki Maria Valtorta.

È l'indemoniato guarito da Gesù nella sinagoga di Cafarnao, come raccontato nel Vangelo di Marco (Mc 1, 21-28) e di Luca (Lc 4, 31-37). Prima di liberare Aggeo dallo spirito immondo che lo tormenta, Gesù costringe il demone che lo possiede a professare pubblicamente che Egli è il Messia atteso da Israele. Una disputa, sollevata da un barbuto e impaludato israelita, si era accesa nella sinagoga contro Gesù e le parole di verità che aveva proclamato indicando se stesso come il Messia:

«Non trovi di essere audace nel professarti rappresentante di Dio? Nessuno dei profeti osò tanto, e Tu… Chi sei, Tu che parli? E per ordine di chi parli?».

«Non potevano i profeti dire di loro stessi ciò che Io di Me stesso dico. Chi sono? L’Atteso, il Promesso, il Redentore. Già avete udito colui che lo precorre dire: “Preparate la via del Signore… Ecco il Signore Iddio che viene… Come un pastore pascerà il suo gregge, pure essendo l’Agnello della Pasqua vera”. Fra voi sono quelli che hanno udito dal Precursore queste parole e hanno visto balenare il cielo per una luce che scendeva in forma di colomba, e udito una voce che parlava dicendo chi ero. Per ordine di chi parlo? Di Colui che è e che mi manda».

«Tu lo puoi dire, ma puoi esser anche un mentitore o un illuso. Le tue parole sono sante, ma talora Satana ha parole di inganno tinte di santità per trarre in errore. Noi non ti conosciamo».

«Io sono Gesù di Giuseppe della stirpe di Davide, nato a Betlem Efrata, secondo le promesse, detto nazareno perché a Nazaret ho casa. Questo secondo il mondo. Secondo Dio sono il suo Messo. I miei discepoli lo sanno».

«Oh! loro! Possono dire ciò che vogliono e ciò che Tu fai loro dire».

«Un altro parlerà, che non mi ama, e dirà chi sono. Attendi che Io chiami un di questi presenti».

Gesù guarda la folla che è stupita dalla disputa, urtata e divisa fra opposte correnti. La guarda, cercando qualcuno coi suoi occhi di zaffiro, poi chiama forte: «Aggeo! Vieni avanti. Te lo comando».

Grande brusio fra la folla, che si apre per lasciar passare un uomo, tutto scosso da un tremito e sorretto da una donna.

«Conosci tu quest’uomo?».

«Sì. È Aggeo di Malachia, qui di Cafarnao. Posseduto è da uno spirito malvagio che lo dissenna in furie repentine».

«Tutti lo conoscono?».

La folla grida: «Sì, sì».

«Può alcuno dire che fu meco in parole, anche per pochi minuti?».

La folla grida: «No, no, quasi ebete è, e non esce mai dalla sua casa, e nessuno ti ha visto in essa».

«Donna, portalo a Me davanti».

La donna lo spinge e trascina, mentre il poveretto trema più forte.

L’archisinagogo avverte Gesù: «Sta’ attento! Il demonio sta per tormentarlo… e allora si avventa, graffia e morde».

La folla fa largo, pigiandosi contro le pareti.

I due sono ormai di fronte. Un attimo di lotta. Pare che l’uomo, uso al mutismo, stenti a parlare e mugola, poi la voce si forma in parola: «Che c’è fra noi e Te, Gesù di Nazaret? Perché sei venuto a tormentarci? Perché a sterminarci, Tu, Padrone del Cielo e della Terra? So chi sei: il Santo di Dio. Nessuno, nella carne, fu più grande di Te, perché nella tua carne d’uomo è chiuso lo Spirito del Vincitore eterno. Già mi hai vinto in…».

«Taci! Esci da costui. Lo comando».

L’uomo è preso come da un parossismo strano. Si dimena a strattoni, come se ci fosse chi lo maltratta con urti e strapponate, urla con voce disumana, spuma e poi viene gettato al suolo da cui poi si rialza stupito e guarito.

«Hai udito? Che rispondi ora?», chiede Gesù al suo oppositore.

L’uomo barbuto e impaludato fa una alzata di spalle e, vinto, se ne va senza rispondere. La folla lo sbeffeggia e applaude Gesù. «Silenzio. Il luogo è sacro!», dice Gesù. (EMV 59.6-8)

Percorso apostolico

Nonostante la clamorosa ammissione del demone e la sua sconfitta, questa guarigione non è sufficiente ad Aggeo per diventare un discepolo di Cristo. In un successivo discorso di Gesù, che si tiene sempre nella sinagoga di Cafarnano, il suo nome viene citato come esempio di coloro che, dopo essere stati beneficiati da Gesù, non lo hanno seguito:

Voi qui presenti siete fedeli. Ma dove è Cafarnao? È questa tutta Cafarnao? Dove sono quelli che le altre volte Io vedevo affollarsi intorno a Me? Dunque il lievito, fermentato l’ultima volta che qui fui, ha operato rovine in molti cuori? Dove è Alfeo? Dove Giosuè coi suoi tre figli? Dove Aggeo di Malachia? Dove Giuseppe e Noemi? Dove Levi, Abele, Saul e Zaccaria? Dimenticato il palese beneficio avuto, perché delle bugiarde parole lo hanno soverchiato? Ma possono le parole distruggere i fatti?

Voi vedete! Non è che un piccolo luogo. In questo luogo, dove i beneficati sono i più numerosi, ha potuto il livore devastare la fede in Me. Solo i perfetti nella fede Io li vedo qui uniti. E potreste pretendere che dei fatti lontani, delle lontane parole, possano mantenere fedeli a Dio tutto Israele? Ciò dovrebbe essere, perché la fede deve esser tale anche senza sostegno di fatti. Ma ciò non è. E più grande è la scienza e più bassa è la fede, perché i dotti si credono esenti dalla fede semplice e schietta, che crede per forza d’amore e non per ausilio di scienza.

È l’amore che bisogna tramandare e accendere. E, per farlo, bisogna ardere. Essere convinti, eroicamente convinti per convincere. In luogo degli sgarbi, in risposta agli insulti, umiltà e amore. E con questi andare, ricordando le parole del Signore a chi più non le ricorda: “Temiamo il Signore che ci dà la pioggia della prima e dell’ultima stagione”». (EMV 447.3)

Il suo nome

Aggeo significa "in festa", "nato nel giorno festivo". Aggeo è il decimo dei dodici "profeti minori" dell'Antico Testamento; Dio parla al suo popolo per mezzo del profeta Aggeo al termine dell'esilio babilonese, prima della ricostruzione del Tempio di Salomone, attorno al 520 a.C.

Dove lo incontriamo nell’Opera?

EMV 59 ; EMV 447