Zaccaria di Gerico, il lebbroso

Da Wiki Maria Valtorta.
lebbroso
Il lebbroso di Rembrandt
Gerico
Cartina della Palestina: Gerico

È un povero lebbroso che dopo 10 anni di malattia viene guarito da Gesù. Zaccaria, insieme alla moglie e ai loro due figli, erano stati cacciati da Gerico quando si erano tutti ammalati di lebbra, così si erano rifugiati presso un sepolcro vuoto, fuori dalle mura della città di Gerusalemme, in attesa della morte. E la morte era giunta velocemente per i due bambini e poi per la moglie.

Zaccaria, invece, incontra il Salvatore e ripone in Lui le sue speranze di poter guarire. Una volta mondato dalla lebbra torna nella sua città dove, nel corso del Terzo anno della Vita pubblica[1] racconta la sua triste storia a Zaccheo il pubblicano, che è molto interessato a conoscere la figura di Gesù di Nazaret, i suoi miracoli e le sue prediche:

[…] Allora Zaccheo fa molte domande: «È proprio buono come lo dicono? E le sue parole corrispondono ai fatti? La misericordia che Egli predica la usa poi realmente? Per tutti? Anche per i pubblicani? È vero che non respinge nessuno?».

E ascolta e pensa e sospira. Un’altra volta è quando uno gli accenna ad un uomo barbuto che passa sul suo asinello carico di masserizie.

«Vedi, Zaccheo? Quello è Zaccaria il lebbroso. Da dieci anni viveva in un sepolcro. Ora, guarito, ricompra gli arredi per la sua casa vuotata dalla Legge quando lui e i suoi furono dichiarati lebbrosi».

«Chiamatelo».

Zaccaria viene.

«Tu eri lebbroso?».

«Lo ero, e con me mia moglie e i miei due bambini. La malattia prese la donna per prima e non ce ne accorgemmo subito. I bambini la presero dormendo sulla madre e io nell’accostarmi alla mia donna. Tutti lebbrosi eravamo! Quando se ne accorsero ci mandarono via dal paese… Avrebbero potuto lasciarci nella nostra casa. Era l’ultima… in fondo alla via. Non avremmo dato noia… Avevo già fatto crescere la siepe alta alta, perché neppure fossimo visti. Era già un sepolcro… ma era la nostra casa… Ci hanno mandati via. Via! Via! Nessun paese ci voleva. È giusto! Neanche il nostro ci aveva voluti. Ci mettemmo presso Gerusalemme, in un sepolcro vuoto. Là stanno molti infelici. Ma i bambini, nel freddo della caverna, sono morti. Malattia, freddo e fame li hanno presto uccisi… Erano due maschi… erano belli prima del male. Robusti e belli. Bruni come due more d’agosto, ricciuti, svegli. Erano diventati due scheletri coperti di piaghe… Non più capelli, gli occhi chiusi dalle croste, i piedini e le mani che cadevano in scaglie bianche. Si sono sfarinati sotto i miei occhi, i miei bambini!… Non avevano più figura umana quella mattina che sono morti, a poche ore di distanza… Li ho seppelliti fra gli urli della madre sotto poca terra e molti sassi, come due carogne di animali… Dopo qualche mese è morta la madre… e sono rimasto solo… Aspettavo di morire e non avrei avuto neppure la fossa scavata con le mani degli altri… (EMV 417.1-2)

Poi Zaccaria racconta di come il Signore l'ha guarito, in modo miracoloso, dalla lebbra:

Ero quasi cieco ormai, quando un giorno è passato il Nazareno. Dal mio sepolcro ho gridato: “Gesù! Figlio di Davide, abbi pietà di me!”. Mi aveva raccontato un mendico, che non aveva avuto paura di portarmi il suo pane, che egli era stato guarito dalla sua cecità invocando il Nazareno con quel grido. E diceva: “Non mi ha dato solo la vista degli occhi, ma quella dell’anima. Ho visto che Egli è il Figlio di Dio e vedo tutti attraverso Lui. È per quello che non ti sfuggo, fratello, ma ti porto pane e fede. Vai dal Cristo. Che ci sia uno di più che lo benedica”. Andare non potevo. I piedi, piagati sino all’osso, non mi facevano camminare… e poi… sarei stato preso a sassate, se fossi stato visto. Sono stato attento al suo passaggio. Egli passava spesso per venire a Gerusalemme. Un giorno ho visto, come potevo vedere, un polverume sulla via, e folla, e ho sentito grida. Mi sono trascinato sul ciglio del colle dove erano le grotte sepolcrali e, quando m’è parso di vedere una testa bionda splendere nuda fra le altre ammantate, ho gridato. Forte. Con quanta voce avevo. Tre volte ho gridato. Finché il mio grido gli è giunto.

Si è voltato. Si è fermato. Poi è venuto avanti: solo. Si è fatto proprio sotto al posto dove ero e mi ha guardato. Bello, buono, con due occhi, una voce, un sorriso!… Ha detto: “Che vuoi che ti faccia?”.

“Voglio esser mondato”.

“Credi tu che Io lo possa? Perché?”, mi ha chiesto.

“Perché sei il Figlio di Dio”.

“Credi tu questo?”.

“Lo credo”, ho risposto. “Vedo l’Altissimo balenare con la sua gloria sul tuo capo. Figlio di Dio, pietà di me!”.

Ed Egli allora ha steso una mano con un viso che era tutto un fuoco. Gli occhi parevano due soli azzurri, e ha detto: “Lo voglio. Sii mondato”, e mi ha benedetto con un sorriso!… Ah! che sorriso! Ho sentito una forza entrare in me. Come una spada di fuoco che correva a cercarmi il cuore, che correva per le vene. Il cuore, che era tanto malato, m’è tornato come a venti anni, il sangue ghiaccio nelle vene è tornato caldo e veloce. Non più dolore, non più debolezza, e una gioia, una gioia!… Egli mi guardava, col suo sorriso mi faceva beato. Poi ha detto: “Va’, mostrati ai sacerdoti. La tua fede ti ha salvato”.

Allora ho capito che ero guarito e ho guardato le mie mani, le mie gambe. Le piaghe non c’erano più. Dove prima era scoperto l’osso, ora era già carne rosea e fresca. Sono corso a un rio e mi sono guardato. Anche il viso era mondo. Ero mondo! Mondo ero dopo dieci anni di schifezza!… Ah! perché non era passato avanti? Negli anni in cui era viva la mia donna e i miei bambini? Egli ci avrebbe guariti. Ora, vedi? Compro per la mia casa… Ma sono solo!…».

«Non lo hai più visto?».

«No. Ma so che è da queste parti e sono venuto qui apposta. Vorrei benedirlo ancora ed esser benedetto per avere forza nella mia solitudine».

Zaccheo curva il capo e tace. Il gruppo si scioglie. (EMV 417.3)

La sua testimonianza tocca l’animo di Zaccheo il pubblicano che, subito dopo l'incontro con Zaccaria, sentendo che Gesù sta arrivando a Gerico per la via maestra, decide di salire sull'albero di sicomoro per poterlo vedere bene, come racconta il Vangelo di San Luca[2] nell'episodio che narra della sua conversione.

Carattere ed aspetto fisico

Leggendo con attenzione gli Scritti di Maria Valtorta possiamo sapere che Zaccaria era un uomo barbuto, dopo la sua guarigione dalla lebbra. Possiamo anche intuire che fosse forte, sia nel fisico che nello spirito: è sopravvissuto per ben 10 anni alla devastante malattia che lo aveva colpito e alle privazioni date dal vivere solo e in condizioni disumane. Inoltre, nonostante la malattia, non ha perso la speranza e si è affidato alla fede in Gesù per poter essere guarito, dando prova di grande tenacia.

Percorso apostolico

Zaccaria, al termine della sua testimonianza, confida a Zaccheo che era tornato a Gerico con il desiderio di benedire il Signore per poterlo ringraziare della guarigione ottenuta. Ma anche per chiedere la sua benedizione per affrontare i giorni futuri e permanere nella fede in Gesù. Il dono del miracolo della guarigione è stato ottenuto proprio grazie alla fede che Zaccaria ha riposto in Cristo, tutto ciò lascia pensare che la sua gratitudine lo abbia portato a divenire un suo discepolo, proprio come ha fatto con Zaccheo il pubblicano aiutandolo a pervenire alla conversione.

Origine del suo nome

Deriva dall'antico nome ebraico Zekharyah e significa “Dio si è ricordato”. Nell'antico Testamento della Bibbia questo nome è immediatamente riconducibile al profeta Zaccaria, autore del libro omonimo; mentre nel Nuovo Testamento è presente nella figura del padre di Giovanni Battista:

Dove lo incontriamo nell’Opera ?

Volume 6: EMV 417

Note

  1. nel secondo periodo di 4 mesi
  2. Lc 19,1-10