Abele, detto Anania

Da Wiki Maria Valtorta.
Anania rende la vista a Saulo di Pietro da Cortona

Probabilmente Abele, detto Anania, è colui che battezzò Paolo a Damasco dopo la conversione.

È un giovane abitante di Betlem di Galilea e porta il nome premonitore di Abele, vittima del fratello Caino[1]. Figlio unico di Mirta, una giovane e saggia vedova, è vittima delle brame e della cupidigia di Aser, suo concittadino. Per ripicca per essere stato respinto dalla madre di Abele, Aser cerca di incolpare il giovane dell'omicidio del ricco Gioele, che Aser stesso ha commesso insieme a dei complici (Giacobbe e il servo di Gioele). Il giovane adolescente sta per essere lapidato, ma Gesù lo salva appena in tempo e castiga i tre assassini che si ritrovano istantaneamente coperti di lebbra per espiare il loro peccato[2].

Abele diviene uno dei settantadue discepoli inviati in missione «a due a due»[3]. Riceve la custodia di Aurea, una giovane schiava gallica sottratta da Gesù alla concupiscenza del padrone e ne diviene fratello nello spirito[4].

Sarà tra i discepoli presenti a Gerusalemme dove attende l’arrivo di Gesù e dove la folla prepara gran festa per l’entrata trionfale[5].

Carattere ed aspetto fisico

È un giovane puro, già incamminato verso un'elevata spiritualità. Questa si manifesta quando incontra Gesù a Gerusalemme e gli chiede la guarigione dei suoi antichi accusatori, ormai diventati lebbrosi:

Fra essi è Abele di Betlemme, che si getta subito ai piedi di Gesù dicendo: «Maestro, ho tanto pregato l’Altissimo perché mi facesse incontrare con Te. E non lo speravo più. Ma Egli mi ha esaudito. Ora Tu esaudisci il tuo discepolo».

«Che vuoi, Abele? Vieni là, al limitare del campo. Qui vi è troppa gente e diamo noia».

Vanno in massa dove Gesù indica, e là Abele dice ciò che vuole. «Maestro, Tu mi hai salvato da morte e da calunnia e hai fatto di me un tuo discepolo. Dunque Tu mi ami molto?».

«Lo puoi chiedere?».

«Lo chiedo per essere certo che Tu esaudisci la mia preghiera. Quando Tu mi hai salvato, hai castigato i miei nemici con orribile castigo. Tu lo hai dato, giusto è certo. Ma, oh! Signore! è molto orribile! Io ho cercato quei tre. Ogni volta che venivo da mia madre li cercavo. Sui monti, nelle caverne presso la mia città. E non li trovavo mai».

«Perché li cercavi?».

«Per parlare loro di Te, Signore. Perché, credendo in Te, ti invocassero e ottenessero perdono e guarigione. Solo nell’estate li ho trovati, e non insieme. Uno, quello che mi odiava per causa di mia madre, si è separato dagli altri che sono andati più su, verso i monti più alti di Jiftael. Loro mi hanno detto dove egli è… E di loro mi hanno dato la traccia dei pastori di Betlemme, quelli che ti hanno ospitato quella sera. I pastori coi loro greggi girano tanto e sanno tante cose. Loro sapevano che nel monte della Bella Sorgente erano i due lebbrosi che cercavo. Sono andato. Oh!…». L’orrore si dipinge sul viso del giovane uomo, quasi ancor giovinetto.

«Continua».

«Essi mi hanno riconosciuto. Io non potevo riconoscere in quei due mostri i miei concittadini… Mi hanno chiamato… e mi hanno pregato, come fossi un dio… Il servo più di tutti mi ha fatto pietà. Per il suo puro pentimento. Non vuole che il tuo perdono, Signore… Aser vuole anche la guarigione. Ha una vecchia madre, Signore, una vecchia madre che muore di dolore in città…».

«E l’altro? Perché si è diviso?».

«Perché è un demonio. Principale colpevole, adultero già quando divenne omicida, eccitatore di Aser, corruttore del servo di Gioele, che è un poco stolto e facilmente dominabile, continua ad essere un demonio. Dalla sua bocca odio e bestemmie, dal suo cuore odio e crudeltà. Ho visto anche lui… Volevo farlo buono. Rovinò su me come un avvoltoio e solo nella fuga, in me rapida e resistente perché giovane e sano, ebbi salvezza. Ma non dispero di salvarlo. Tornerò… Una, due, tante volte con soccorsi, con amore. Mi farò amare. Egli crede che io vada a schernire la sua rovina. Io vado per riedificarla. Se può giungere ad amarmi, mi ascolterà; se mi ascolterà, finirà per credere in Te. Questo voglio. Gli altri, oh!, fu facile perché da loro hanno meditato e compreso. E il servo è divenuto il semplice maestro dell’altro, perché nel servo è tanta fede, tanto desiderio di perdono.  Vieni, Signore! Io ho promesso loro di condurti a loro quando ti avessi incontrato».

«Abele, il loro delitto era grande, molti delitti in uno. Poco è il tempo che hanno espiato…».

«Grande è stato il tormento e il pentimento loro. Vieni».

«Abele, essi ti volevano morto».

«Non importa, Signore. Io voglio per loro la vita».

«Quale vita?».

«Quella che Tu dài, quella dello spirito, il perdono, la redenzione».

«Abele, erano i tuoi Caini e ti hanno odiato come più non si può. Ti volevano levare tutto: vita, onore e madre…».

«Sono stati i miei benefattori, perché per essi ho avuto Te. Io li amo per questo loro dono e ti chiedo che siano dove io sono, al tuo seguito. Voglio la loro salvezza come la mia, più della mia, perché più grande è il loro peccato».

«Cosa offriresti a Dio in cambio della loro salvezza, se ti chiedesse un’offerta?».

Abele pensa un momento… poi dice sicuro: «Anche me stesso. La mia vita. Perderei un pugno di fango per possedere il Cielo. Una perdita felice. Un acquisto grande, infinito: Dio, il Cielo. E due peccatori salvati: i primogeniti del gregge che spero condurti e offrirti, o Signore».

Gesù gli ricorda: «Abele, erano i tuoi Caini e ti hanno odiato come più non si può. Ti volevano levare tutto: vita, onore e madre…».

Abele risponde: «Sono stati i miei benefattori, perché per essi ho avuto Te. Io li amo per questo loro dono e ti chiedo che siano dove io sono, al tuo seguito. Voglio la loro salvezza come la mia, più della mia, perché più grande è il loro peccato».

Gesù gli chiede: «Cosa offriresti a Dio in cambio della loro salvezza, se ti chiedesse un’offerta?».

Abele pensa un momento… poi dice sicuro: «Anche me stesso. La mia vita. Perderei un pugno di fango per possedere il Cielo. Una perdita felice. Un acquisto grande, infinito: Dio, il Cielo. E due peccatori salvati: i primogeniti del gregge che spero condurti e offrirti, o Signore». (EMV 475.5-6)

Gesù li guarirà, ma non immediatamente[6].

Percorso apostolico

Viene annoverato da Gesù tra i «futuri sacerdoti»[7] della sua Chiesa, destinati a partire lontano per evangelizzare. In un sorprendente dialogo con Gesù, Abele viene posto allo stesso livello dell’apostolo Giovanni e il suo destino futuro viene rivelato:

Un giorno voi sarete sacerdoti della mia Chiesa. Sarete perciò i medici e maestri di spiriti. Ricordate queste mie parole. Non sarà il nome che porterete, né la veste, né le funzioni che eserciterete che vi faranno sacerdoti, ossia ministri di Cristo, maestri e medici di anime, ma sarà l’amore che possederete che vi farà tali. Esso vi darà tutto quanto occorre per esserlo, e le anime, tutte diverse fra loro, giungeranno ad un’unica somiglianza: quella del Padre, se voi le saprete lavorare con l’amore».

«Oh! che bella lezione, Maestro!», dice Giovanni.

«Ma ci riusciremo mai noi ad essere così?», aggiunge Abele.

Gesù guarda l’uno e l’altro, e poi passa un braccio sul collo di entrambi e se li attira a Sé, l’uno a destra, l’altro a sinistra, e li bacia sui capelli dicendo: «Voi ci riuscirete perché avete compreso l’amore». (EMV 476.5)

Poi Gesù cambia il nome di Abele in quello nuovo di Anania:

«Essi sono felici!», dice Giovanni.

«Io pure», dice Abele.

«Credevo che li guarissi subito», dice ancora Giovanni.

«Io pure, come sempre fai».

«Sono stati grandi peccatori. Questa attesa è giusta per chi ha tanto peccato. Ora ascolta, Anania…».

«Mi chiamo Abele, Signore», dice stupito il giovane e guarda Gesù come per chiedersi: «Perché si sbaglia?».

Gesù sorride: «Per Me sei Anania, perché veramente sembri nato dalla bontà del Signore. Siilo sempre più». (EMV 476.9)

Il nome Anania (Hananya), infatti, significa “Dio è Grazia”. Ecco perché Gesù chiama Abele con questo nuovo nome. Probabilmente è proprio lui che, ai tempi delle persecuzioni a Damasco, guarisce Saulo, colpito dalla cecità e lo battezza[8].

Origine del suo nome

Abele significa “soffio”, ma anche “figlio”. Figura storica: Abele è il figlio minore dei progenitori Adamo ed Eva, pastore ucciso dal fratello Caino, per gelosia.

Dove lo incontriamo nell’Opera?

EMV 248 EMV 279 EMV 282

EMV 325 EMV 333 EMV 344 EMV 346 EMV 347 EMV 348 EMV 349 EMV 350 EMV 352 EMV 354 EMV 376

EMV 427 EMV 428 EMV 440 EMV 441 EMV 466 EMV 475 EMV 476

EMV 535 EMV 590

Concordanze storiche

Secondo la tradizione orientale, Sant'Anania era uno dei settantadue discepoli. Evangelizzò Damasco e ne divenne Vescovo. Intorno all'anno 72 d.C., Anania sarebbe morto lapidato a Eleuteropoli (Beit Guvrin). Viene commemorato dalla Chiesa il 25 gennaio, giorno della conversione di San Paolo. Le sue reliquie sono conservate a Roma, nella Basilica di San Paolo fuori le Mura.

Note